ABOUT THE BOOK
I grandi dibattiti sulla finzione dei Padri della Chiesa lasciarono un’eredità contraddittoria al Medioevo occidentale. Da un lato, trasmisero una ferma condanna di qualsiasi forma di negazione della veritas o di una natura che, diversamente dal mondo classico, era reputata divina dal pensiero cristiano; dall’altro, esaltarono la finzione come strumento d’accesso a una meta-realtà che consentiva di andare oltre i fatti concreti e cogliere il senso più vero e invisibile delle cose. Proprio quest’ultimo significato positivo di finzione venne valorizzato dalle scuole teologiche francesi del XII secolo in cui la dimensione interiore dell’uomo fu profondamente dissociata da quella esteriore perché considerata superiore e non coincidente con la sfera delle azioni. Diversamente dal mondo antico, la finzione, in questa prospettiva, non serviva a negare la realtà, quanto piuttosto a denunciare la distanza tra l’apparenza dei fatti e il loro reale significato, tra azione e intenzione. La sua funzione ultima era dunque quella di amplificare la realtà, restituendo il lato nascosto e invisibile delle cose, altrettanto vero, anzi più vero di quello tangibile. La potenza della dimensione intenzionale contagiò presto il pensiero giuridico europeo che nella seconda metà del XII secolo conobbe una delle fasi più creative della sua storia. Per inquadrare responsabilità invisibili o per vanificare responsabilità evidenti, la finzione si rivelò uno strumento vitale nell’elaborazione di nuove categorie penali che a partire dal Basso Medioevo entrarono a far parte stabilmente del diritto moderno e contemporaneo.
ABOUT THE AUTHOR
Sara Menzinger insegna Storia del Diritto Medievale e Moderno nell’Università di “Roma Tre”. Dopo una prima fase di ricerca incentrata sulla funzione attribuita al diritto nei governi comunali italiani del Duecento (Giuristi e politica nei comuni di Popolo. Siena, Perugia e Bologna, tre governi a confronto, 2006), si è interessata alla rinascita del diritto pubblico nel Medioevo, curando l’edizione di uno dei più antichi trattati pubblicistici prodotti dalla cultura giuridica medievale (La Summa Trium Librorum di Rolando da Lucca. Fisco, politica, scientia iuris, 2012, con Emanuele Conte). Nell’ambito delle teorie pubblicistiche, ha approfondito in particolare la storia del concetto di cittadinanza nel Medioevo occidentale (Cittadinanze medievali. Dinamiche di appartenenza a un corpo comunitario, 2017) e delle concezioni fiscali nell’Età di Diritto Comune, studiate nella prospettiva del rapporto tra individuo e potere pubblico. Negli ultimi anni si è occupata di questioni inerenti al rapporto tra diritto e letteratura, intervenendo con alcuni contributi sul ruolo della cultura giuridica nel pensiero di Dante.
TABLE OF CONTENTS
Introduzione
Parte I. Il contesto teorico
1. La dissociazione tra atti e intenzioni nel XII secolo
1.1. L’influenza della prospettiva di Abelardo; 1.2. La separazione tra giustizia divina e giustizia umana; 1.3. Condanna e sopravvivenza delle tesi di Abelardo; 1.4. Rapporto tra volontà e azione nei comandamenti secondo le posizioni di Pietro Lombardo e Rolando da Bologna; 1.5. Il magistero di Gandolfo a Bologna; 1.5.1. La non imputabilità dei reati involontari; 1.5.2. L’imputabilità delle intenzioni: l’omicidio ‘spirituale’ nelle Sentenze di Rolando e di Gandolfo; 1.5.3. L’imputabilità delle intenzioni: l’adulterio ‘spirituale’ nelle Sentenze di Rolando e di Gandolfo; 1.6. Continuità con il pensiero teologico del secolo XI e della prima metà del XII: il Decretum di Burcardo e il Tractatus de penitentia di Graziano; 1.7. Dalla veridicità delle azioni incompiute alla legittimità del non vero;
2. L’emancipazione della finzione da un’area semantica negativa
2.1. Il rapporto tra intenzione e finzione nel dibattito teologico del XII secolo; 2.2. Recupero di un grande dibattito tardoantico; 2.2.1. Tra condanna e giustificazione della finzione nel pensiero agostiniano; 2.2.2. La funzione positiva della finzione teorizzata da Agostino nel commento al Vangelo di Luca (Lc 24, 28); 2.2.3. La condanna di Agostino della manipolazione del vero nell’interpretazione di Girolamo della Lettera ai Galati (Gal. 2, 11-14); 2.3. La finzione nei sacramenti come assenza di intenzionalità; 2.4. Il significato di finzione nel Decretum Gratiani
Parte II. Il contesto storico
3. L’avvio di una nuova stagione del pensiero penalistico europeo: l’omicidio di Thomas Becket
3.1. La morte di Thomas Becket e la rilevanza penale conferita alle intenzioni nella decretale Sicut dignum di Alessandro III (1172); 3.2. Allineamento tra dimensione penitenziale e penale nello scambio tra il vescovo Bartolomeo di Exeter e papa Alessandro III; 3.3. Intensificazione del dibattito sull’imputabilità delle intenzioni; 3.4. Dall’omicidio di Becket alla finzione dei canoni; 3.5. Uccidere con le intenzioni e uccidere spiritualmente secondo Bernardo da Pavia; 3.6. Il successo delle teorie di Bernardo da Pavia in Inghilterra: Riccardo Anglico, Bracton e Chaucer; § Sei modi di morire secondo Riccardo Anglico; § Esaltazione della componente intenzionale dei reati in Bracton; § L’omicidio spirituale nei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer
Parte III. La finzione dei canoni
4. La prima apparizione della finzione dei canoni: la glossa di W
4.1. Verso una natura soggettiva: influenze teologiche sulle nascenti scuole di diritto civile e canonico; 4.2. La dimensione soggettiva delle finzioni dei canoni; 4.3. Le finzioni dei canoni: l’Autore; 4.3.1. Lo status quaestionis sull’identità di W; 4.3.2. Incongruenze insite nell’ipotesi di un autore unico per le glosse siglate W, per l’opera Tractaturi e per la Summula de presumptionibus; 4.3.3. Nuove considerazioni sull’identità di W a partire dallo studio delle sue glosse al Decretum; 4.4. La sedes materiae: il canone Ferrum (D.50 c.18) e i diversi modi in cui un uomo può divenire quel che non è; 4.5. Per quali cause i canoni fingono che non esista ciò che esiste, o che esista ciò che non esiste: 1) Emendazione dei reati (emendatio delictorum); 2) Perseveranza (animi constantia); 3) Violenza arrecata (illata violentia); 4) Ignoranza o fatalità (ignorantia vel casus interveniens); 6) Autorità della legge (auctoritas legis); 5) Autorità (potestas); 7) Nefandezza (enormitas vite); 8) Repulsa per la prevaricazione (odium invasionis); 9) Mancata ufficialità di un atto (defectum solempnitatis); 4.6. Significato dell’operazione di W
5. L’impatto della finzione dei canoni in Italia
5.1. Le finzioni dei canoni in Giovanni da Faenza (1170-1175 ca.); 5.1.1. Interpretazione, finzione e dispensa: la glossa di Giovanni al canone Si quis presbiter (D.50 c.22); 5.1.2. Finzione migliorativa e finzione peggiorativa, la glossa di Giovanni al canone Ferrum (D.50 c.18); 5.1.3. La glossa di Giovanni sulla finzione delle vedove (D.27 c.6); 5.1.4. Finzioni delle vedove, finzioni delle vergini e finzioni dei chierici nelle opere canonistiche di XI e XII secolo; 5.1.5. Fictio operis e fictio intentionis nella glossa di Giovanni al canone Quod interrogasti (D. 27 c.6); 5.1.6. Finzione breve e finzione protratta nelle glosse di Giovanni e di W; 5.1.7. Simulare il bene e simulare il male; 5.1.8. La ripresa delle tipologie di finzione di Giovanni da Faenza da parte di Pierre de Blois in Francia; 5.2. L’inquadramento della finzione nella Summa decretorum di Uguccio da Pisa (1180-1190 ca.); 5.2.1. Uguccio sul canone Ferrum: distanza grammaticale tra qualis e quod; § Tre gradi di riabilitazione del peccatore: disprezzo dell’uomo, della carica, dell’azione; § Ricezione del ragionamento di Uguccio in Francia, nella Summa ‘Animal est substantia’; 5.2.2. La fictio canonis della glossa di W nella Summa decretorum di Uguccio; § Le azioni involontarie è come se non fossero compiute; § Le intenzioni sono equiparabili alle azioni?; § Riflessi concreti della posizione teorica di Uguccio sulle intenzioni; 5.2.3. La finzione della glossa di Giovanni da Faenza nella Summa decretorum; 5.2.4. Finzione onesta e finzione disonesta; 5.2.5. Strumenti di prova della finzione; 5.2.6. Provare la finzione ricorrendo a dei testimoni; 5.2.7. La finzione sofistica
Tabelle
6. L’impatto della finzione dei canoni sui canonisti anglo-normanni
6.1. La ricezione delle finzioni di W nella Summa in Decretum di Simone da Bisignano; 6.1.1. Rapporti tra le glosse di W e la Summa in Decretum di Simone da Bisignano; 6.1.2. Prossimità tra finzione e pienezza dei poteri pontifici; 6.1.3. Poteri positivi e poteri negativi della finzione; 6.1.4. Nulla è come sembra; 6.1.5. Gli esempi di Simone ai confini tra presunzione assoluta e finzione; 6.2. Fictio canonis, iuris o legis? Le finzioni del diritto romano che finzioni non sono; 6.2.1. La finzione della schiavitù in Simone da Bisignano e Uguccio da Pisa; 6.2.2. La qualificazione della adozione come fictio iuris nella Summa ‘Omnis qui iuste iudicat’; 6.3. Natura versus artificio della regola: la finzione nella Summa questionum del magister Honorius; 6.4. La rielaborazione delle finzioni di W nelle Distinctiones decretorum di Riccardo Anglico; 6.4.1. Le discussioni parigine all’incrocio tra teologia, logica aristotelica e diritto; 6.4.2. L’approdo di Riccardo Anglico a Bologna e l’interazione con la scuola civilistica; 6.4.3. L’inquadramento delle finzioni dei canoni nelle dieci categorie di Aristotele; 6.5. La Glossa ordinaria di Giovanni Teutonico e l’accantonamento della finzione dei canoni; 6.6. Proiezione della finzione dei canoni nei secoli successivi
Parte IV. L’influenza della visione canonistica sulla prospettiva civilistica
7. Contaminazione tra presunzione e finzione nella scienza civilistica e canonistica
7.1. La finzione è nell’occhio di chi guarda; 7.2. Affinità e divergenze tra fictio e praesumptio; 7.3. Si presume su ciò che è incerto e dubbio; 7.4. L’assimilazione della fictio alla praesumptio nel Libellus disputatorius di Pillio da Medicina; 7.5. L’assimilazione di presunzione e finzione nella ‘scuola’ di Giovanni Bassiano: l’Ordo Sapientiam attribuito a Pierre Peverel; 7.6. Le fictiones iuris secondo Pillio da Medicina: gli elenchi di finzioni del Libellus disputatorius; 7.6.1. Moltiplicazione dei gradi di irrealtà; 7.6.2. La finzione del possesso
8. Dalla fictio canonis alla fictio iuris civilis
8.1 La classificazione della finzione nella Summa Codicis di Azzone; 8.2. Prossimità tra finzione e interpretazione nelle fonti canonistiche; 8.3. Avvicinamento di finzione e interpretazione nelle fonti civilistiche; § Struttura dei prologhi alle Summae Codicis: evoluzione delle materiae; 8.4. Dall’intentio degli imperatori alla facoltà di interpretatio; 8.5. Distanza di intenti tra Pillio da Medicina e Azzone in materia di finzione; 8.6. Interpretatio, fictio, aequitas; 8.7. La classificazione della fictio iuris nei dieci predicamenti dell’essere; 8.8. Influenza dei dibattiti canonistici sulla selezione delle fictiones iuris di Azzone
Fonti e bibliografia
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